Chiedendomi come mai mi fosse saltata in testa un’idea del genere, chi me l’avesse fatto fare, perché non accetto di essere una fifona e me ne sto un po’ bella tranquilla, ho pedalato sotto il pieno sole del dopo pranzo verso Timboni.
Appuntamento al market.
Ok.
Market? ma nel senso di supermercato o al mercato coperto dove ci sono le donne che vendono le verdure?
Troppo tardi per porsi una domanda del genere. Decido che non conosco supermarket a Timboni e che preferisco credere che si tratti del mercato delle verdure.
Mi piazzo all’angolo vicino a una mucca che pascola sull’immondizia degli scarti del mercato.
C’è una puzza terribile.
Mi sposto all’ombra un poco più in là, davanti a una donna che sta pulendo delle erbe.
Mando un messaggio alla mia guida indicando precisamente dove mi trovo, così se ho per caso frainteso il luogo dell’appuntamento mi può raggiungere.
Già che ci sono mando anche un messaggio a Silvia per farle sapere che fino a qui sono arrivata e che all’ora dell’appuntamento non c’è ancora nessuno.
Silvia non riconosce il numero e mi dice che non ha appuntamento con nessuno.
Silvia sono iiioooo….
Tutto intorno c’è un fracasso incredibile.
Da un camion degli omini vestiti di rosso tengono uno spettacolo di fronte a un gruppetto di passanti che sono fermati. Artisti di strada in un certo senso.
Sotto un gazebo di una banca un uomo e una donna sono seduti annoiati ad un tavolo mentre una voce registrata urla offerte in swahili.
Da un macchina una voce attraverso il megafono grida proposte misteriose.
Arriva la mia guida. Evviva.
Partiamo pedalando verso Dabaso, lungo una strada diritta che va proprio verso l’acqua.
Avevo già fatto questa strada lo scorso anno, dovrei riesplorarla.
In un attimo siamo arrivati al “molo”.
Un ragazzetto che si presenta come il Capitano Capiccolo prende la mia bicicletta e la installa su di una canoa di legno. Al “molo” la guida scambia qualche parola con delle donne sedute. Sono le abitanti dell’isola che si trova nel Mida Creek. La guida dice che ci abitano circa 350 persone, un numero impressionante viste le dimensioni dell’isola, magari ho capito male. Vengono a terra a comperare farina, cibo e paraffina. Paraffina? Si, certo per le lampade perché sull’isola non c’è l’elettricità.
Mi rendo conto che l’elettricità è presente solo lungo le strade principali, tutto il resto dopo le sei di sera è al buio, quello vero.
Le biciclette sono caricate, partiamo.
Mi installo su un’assetta di legno, appena dietro alle bici.
So che devo stare fermissima, perché l’equilibrio della canoa è mutabilissimo.
Costeggiamo il creek. Le mangrovie sono bellissime.
Appena dietro le loro chiome si vedono spuntare le palme da cocco. Segno di presenza di abitazioni. Lungo tutta la costa del creek ci sono villaggi di pescatori che catturano il pesce installando delle trappole fatte con reti e cesti intrecciati.
Proseguiamo lentamente. Il Capitano Capiccolo muove la barca spingendo un lungo bastone. Quando l’acqua diventa più profonda usa un bastone in fondo al quale è attaccata la pala di un remo.
La guida canta “Marina Marina” e “Bella ciao”. Ha una voce molto bassa ed è intonato.
Turisti italiani gli hanno insegnato musica e parole e la crociera prevede questo accompagnamento musicale.
In lontananza si vede un gruppo di fenicotteri. Altri uccelletti passano in gruppi numerosi radendo l’acqua.
Arriviamo a Mida Creek.
Mi portano la bicicletta vicino alla casupola dell’ingresso al parco e mi offrono di sciacquarmi i piedi dalla sabbia prima di mettere le scarpe.
Un tronco è tagliato longitudinalmente e appoggiato a terra di fronte a una panchetta.
Si mettono i piedi sul tronco e prendendo da un secchio di plastica l’acqua con una bottiglietta dell’acqua tagliata si fa scorrere l’acqua sui piedi persciacquarli.
Mi dico che non devo sprecarne.
Un ragazzo mi offre un cocco da bere.
Dico no. Temo di non apprezzarlo.
Ci ripenso, ho una gran sete, fa molto caldo. “Anzi, sì, grazie”
Con un macete prepara il cocco. Zac zac zac, trak, il cocco è pronto da bere.
E’ tantissimo. Quello che non riesco a bere, lo beve lui. Poi prepara un cucchiaio con la buccia del cocco e stacca la polpa morbida. Anche la polpa è tantissima. La divido con la guida.
Partiamo. Evviva.
Pedalando attraversiamo il villaggio di Mida. Bambini che salutano e corrono incontro. Donne fuori dalle case che lavorano. Uomini sotto ad una tettoia che arrostiscono dei pesci infilati in un bastone.
L’ambiente intorno è lussureggiante e bellissimo.
Nei villaggi sono presenti alberi di mango e di anacardi, bellissimi, con una chioma gigantesca e tronchi grandi e rami larghi. Gli alberi di anacardi hanno i fiori in questa stagione in contemporanea coi primi frutti
Abbiamo pedalato lungo quella che la guida ha definito la Mombasa-Malindi dei suoi ancestors. A tratti la presenza di sabbia (per lunghissimi tratti) rendeva difficoltoso pedalare e abbiamo dovuto scendere e spingere la bicicletta.
Il percorso è stato molto lungo ma molto interessante.
Siamo arrivati a Timboni molto più tardi delle mie previsioni. La guida da Timboni sarebbe andata fino a Gede per ricaricare la batteria del suo telefonino, che avrebbe poi ritirato il giorno successivo.
Ho fatto la strada di ritorno al buio.
Dalle case di fango usciva il riverbero del fuoco acceso all’interno.
Mi sono resa conto che non sappiamo proprio cosa significhi vivere senza elettricità.
Vorrei documentarmi meglio sulle lampade a paraffina.
Non si sa mai.
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