Perplimuta

Queste storie che non fanno come dovrebbero fare le storie e invece che fluire verso un sicuro “happy ending”, si incagliano nella realtà e prendono forme distorte e diventano complesse e non ci sono buoni e cattivi e ci sono invece cose che non si capiscono e che non si sa bene come leggere… Queste storie che si fa così fatica a raccontare perché non sai da che parte prenderle, da che punto di vista leggerle… Queste storie così diverse… E tu chiedi che ti raccontino delle storie e ti immagini che abbiamo la forma e lo svolgimento delle storie alle quali sei abituata e ti accomodi, pronta ad ascoltarle, immaginando di poter prevedere cosa e come si racconterà… E invece sono storie così diverse. E le immagini che le illustrano non sono quelle che ti saresti aspettata, sono immagini violente, difficilissime anche solo da descrivere. E le storie sono così… sono diverse…
Sono una sciocca.
Ho chiesto alla direttrice della scuola di far scrivere delle storie alle classi, delle storie che parlassero di pace, di amicizia, di rispetto. Ho chiesto anche di illustrarle. Mi immaginavo di tornare a casa e magari stampare dei minilibri per poter continuare una raccolta fondi per la scuola di Kanani.
Mi immaginavo che “si sarebbe immaginato” e ne sarebbero sortite storie colorate, piene di fiducia per il futuro e piene di sorrisi per il presente.
Le storie sono invece agghiaccianti e i disegni che le illustrano altrettanto: morti, rapimenti, attentati, furti… Disegni di uccisioni, di parenti che piangono cari nelle bare…
Non so come ho potuto pensare ancora una volta di poter plasmare in un luogo diverso, in cui si vivono storie diverse, in cui ci sono prospettive diverse, in cui le esperienze quotidiane sono diverse, come ho potuto pensare di prevedere cosa ne sarebbe sortito.
Questo è quello che c’è qui e ora. E anche se lo guardo probabilmente non sono neppure capace di vederlo per quello che è.
Sono farcita di una cultura popolare che mi predispone ad un certo tipo di visione e faccio fatica (ma lo sapevo, avrei solo dovuto ricordarlo) a guardare con altri occhi. Chiedo di scrivere storie sull’amicizia e sul rispetto delle diversità e faccio così fatica a riconoscerla questa diversità…
Un “happy ending” c’è naturalmente: il tetto è stato costruito. Ma sono moltissime le cose che ancora non ci sono e il prossimo obiettivo saranno i bagni per le ragazze e magari un’altra aula.
E io ora per raccogliere denaro ho in mano storie terribili e disegni di violenza subita. Mi arrovello per capire.
Mi sento perplimuta.
E sciocca.

 

 

Il tetto: aggiornamenti

Si procede

Oggi, sabato, i lavori al tetto sono sospesi e sono iniziati i lavori per la costruzione del corridoio coperto davanti all’ingresso.

Qualche foto di aggiornamento

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Ma va là

Serpenti, vermi, ragni, mostri… Mi hanno terrorizzata con queste storie da incubo. Infezioni, amputazioni…
Ma va là…
Mi si è gonfiato il gomito, tutto qui. Mi fa un po’ male. Tutto qui.
“Ma tu non sai cosa può succedere…” “Non ti conviene sottovalutare….”
Il mio gomito è stato guardato, palpato, schiacciato, porca miseria mi fai male…
“Bisogna siringare il pus”
Non ci penso proprio…
“Eh ma come si è gonfiato!”
“Devi prendere gli antibiotici”
Vediamo…
Mi è anche stato detto: “Non fare la bambina”
Appena mi si dice “Non fare la bambina” mi sento immediatamente fragile e vulnerabile e vorrei protezione, non so perché.
Be’, alla fine sul tuk tuk con la Fata Turchina sono andata alla clinica del dottor Erulu (si chiama così?) dove un’assistente del dottore mi ha guardato il gomito e mi ha rassicurata che non si trattava né di ragni né di vermi né di altri mostri. O ho picchiato il gomito o mi ha punto un insetto. Fine.
Antibiotico (non lo prendo) e antistaminico.
E mi vuole rivedere lunedì.
Sulla strada del ritorno questo fiore, fantastico, così, gratis, sul ciglio della strada impolverata

Primo passo

Le 7:30 erano uno scherzo del Babau.

L’arrivo del camion e la necessità di controllare il carico no.

“Non provo neanche a chiamarli” dice il Babau dopo un’eternità che aspettiamo il camion

“Mi direbbero che sono per strada”

Ma alla fine cede

“Siamo per strada”

Appunto

Arriva il camion, ha seguito un percorso alternativo e meno frequentato. Il carico traballa e sporge in maniera inquietante.

Col Babau, la Fata Turchina e il costruttore (il fundi) controlliamo il carico.

Qualcosa non è come richiesto, il Babau lo segnala e lo fa cambiare.

Manca qualcosa. Il Babau lo va a comperare e lo consegna lui stesso.

Insomma… la costruzione del tetto è iniziata.

Il fundi (fundi vuol dire un po’ tutto: costruttore, riparatore, tecnico…) ha tinto le travi con l’impregnante (verde…) e ha cominciato a posizionarle.

Dice che sabato il posizionamento delle travi sarà terminato e cominceranno a fissare la copertura.

Non è fantastico?

Mi chiede altro materiale, cemento, altre travi.

Il Babau vuole verificare personalmente prima di consentirmi di procedere con l’acquisto

E così questa volta le cose stanno davvero prendendo forma. E’ una bella sensazione.

Grazie a chi ha partecipato al progetto, grazie a chi l’ha promosso e sostenuto.

E già che ci siamo, grazie anche al Babau…

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Prebende

“Ciaaoo… prebendee…”

Devo assolutamente memorizzare che dopo un lungo periodo di siccità non è consigliabile fare quei bellissimi giri in bicicletta che mi piacciono tanto nell’interno.

Il terreno è asciutto e la strada sabbiosa.

Gioco coi cambi e a volte mi sento quasi ganza a stare in equilibrio nella sabbia con le gambotte che pedalano forsennate solo per consentirmi di stare in equilibrio.

Girogirogirogiro e scavo sotto la ruota una buca, complice i miei cento chili di farfallina.

“Ciaoooo….. prebendeeeeee”

Non so quale telefono senza fili abbia trasformato la parola “caramelle” in “prebende”, ma i bambini dell’interno quando mi vengono incontro a frotte a piedi scalzi urlanti chiedono “prebende” anziché caramelle, come fanno invece i bambini lungo le strade dei paesi. Mi circondano, cantilenano ciaoprebendeciaoprebende e mi stringono la mano. Delle manine minuscole, bellissime. Veramente sono belli tutti, non solo le manine.

Pedalando nei sentieri sabbiosi dell’interno li spio mentre strillano e cantano e saltano, oppure stanno intenti seduti per terra a costruire alchimie con bastoncini.

Io le prebende non ce le ho, neanche le caramelle.

“Jambo”

“Poa poa”

E pedalo e sbuffo e sudo e so che, comunque, non mi servirà l’esperienza perché appena raggiungo la strada asfaltata so che vincerà la voglia e la curiosità di gironzolare nell’interno…

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