Questa assenza

Da qualche parte nel bosco, da qualche parte dove proprio non sono riuscita a trovarla. Forse sotto a dei cespugli, in mezzo all’erba.
E quando l’ho cercata sopra e sotto e poi sono tornata rassegnata verso casa e ho visto il suo muso spuntare dall’erba, proprio sul ciglio della strada? Le ero passata di fianco almeno tre volte senza vederla.
Quindi, adesso che ha proprio deciso di non farsi trovare, non la trovo, non c’è verso di trovarla.
Per qualche giorno è riapparsa, al mattino, sdraiata al sole nel prato che il giorno prima avevo perlustrato palmo a palmo.
E così le ho dato le medicine. E l’ho portata dalla veterinaria. E instabile sulle gambe, sentendosi minacciata dal guinzaglio è venuta a casa, lei davanti, io dietro, minacciosa (non avevo intenzione di essere minacciosa,,,), il guinzaglio penzolante dalle mie mani.
Allora, basta, adesso la teniamo legata. Almeno per qualche giorno, per vedere se fanno effetto le medicine.
Siiiiii, legata lei…. Lei che quando le si metteva il guinzaglio si trasformava in un tappeto di quaranta chili spiaccicato per terra, inamovibile, cocciuta. Ha sempre vinto lei. Perlomeno, ha perso veramente pochissime volte. Una volta o due mi ha seguita al guinzaglio dalla veterinaria. Incredibile…
Ma allora la teniamo legata.
La Fata Turchina la spia dalla finestra.
E’ qualche giorno che sta male. E’ stata male all’improvviso. Oppure io me ne sono accorta all’improvviso, concentrata com’ero sugli altri due che sono così tanto più eclatanti?
Male, malissimo. Pelle e ossa. All’improvviso.
Legata, al sole, diritta sulle quattro zampe. La Fata Turchina alla finestra che la controlla. E poi si gira, e quando si rigira c’è la corda, il guinzaglio, la pettorina attorcigliata. La fuga perfetta. E chi lo tiene quello spirito libero? Non è cane che si possa tenere legato. Mi viene da ridere. Sono spossata ma rido. La ammiro un mucchio. Lei sa quello che vuole. E io non so cosa voglio per lei. Quindi ha ragione lei.
E il giorno dopo non la trovo sdraiata al sole. Non la trovo al mattino e neanche al pomeriggio. Non la trovo neanche il giorno dopo ancora e quello dopo ancora. E allora non la cerco più. Mi dispiace immensamente. Mi viene il dubbio di non avere mai capito niente. O forse è così che succede. Chi lo sa? Non ha voglia, sta male e vuole stare da sola con se stessa. E’ l’istinto. Chi lo sa?
Di certo io non me l’aspettavo che questi due fratelli se ne andassero a distanza di dieci giorni l’uno dall’altra.
E questa assenza all’improvviso, senza sapere, da qualche parte nel bosco….

Quindi, Idefix…

Riordinare le idee.
Bisognerebbe riordinare le idee. Ma non ci riesco molto bene.
Quello che vedo è quella testa ciondolante fuori dalla carriola e la lingua che penzola. E mi dico: è solo il corpo di un cane, è solo il corpo del mio cane.
Il mio cane, il nostro cane, Idefix, ha passato la notte nel bosco. L’ho cercato ieri sera, ho urlato il suo nome in tutte le direzioni.
Niente.
E allora mi sono organizzata meglio. Auto e pila e motore spento e togliere il cappellino perché il vento soffia forte e non posso rischiare di non sentire.
IIIIIIIIIIIDEEEEEFIIIIIIX
IIIIIIIIIIIIIIIDEEEEEEEFIIIIIIIIIIIX
E vado su e vado giù e guido piano nel vigneto e vado nel prato delle api e salgo fino al cancello della signorina.
E quando mi sembra per un attimo di sentirlo, tendo l’orecchio, è lui. Vado nella direzione in cui credo di sentire il suo abbaiare e non sento più nulla. E torno al punto di partenza e urlo di nuovo e forse lo sento, forse è quella pisquana della cagnina.
Judalee no, Judalee ha seguito il pick up correndo in ogni direzione, ma quando mi raggiunge ha un fiatone così rumoroso che tra lui e il vento non sento nulla.
E allora Judalee ottiene quello che desidera. Salire sul cassone del pick up, almeno non c’è quel rumore di respiro di cane agitato.
Tendo le orecchie. E’ lui? Sono i cani del pastore? Ma dove diavolo….

Stamattina con la luce Abderrazak rifà tutto il percorso e va anche più lontano.
Ma sono 3 anni o più che Idefix ha dolore alle zampe dietro, quanto lontano potrebbe essere andato? Dove cavolo è?
Mi rimetto a urlare
IIIIIIIIIDEEEEEEFIIIIIIIIIX sbraito lungo la strada
Squilla il cellulare, è Francesco: il tuo cane è nel bosco, 50 metri sotto di te, lo sento, sto lavorando qui di fronte, sta abbaiando da questa mattina presto.
Mi raggiunge, generoso, sta lavorando, ha poco tempo ma si butta giù nel bosco con me.
Io strillo strillo ma non sento nulla. Lui dice: non abbaia perché ti sente.
Benedico tutte le piantine che mi stanno reggendo mentre scendo a precipizio.
E’ quiiiiii
E’ vivo…? Chiedo
E’ vivo.
Ma come cavolo ci è arrivato? Ma cosa cavolo stava cercando? Macchecavolo gli è venuto in mente di buttarsi nel bosco?
Comunque è vivo. Nel bel mezzo del bosco. E’ seduto sulla schiena, la parte posteriore è tutta sotto di lui, inutilizzabile. E’ sceso nel bosco trascinandosi tutta la parte posteriore. Dietro di lui c’è un solco che parte dalla strada che sta un bel po’ sopra.
Maccheccavolo….
Gli dico le cose più carine del mondo perché sono felicissima di averlo trovato, lo accarezzo, lo rassicuro, si rassicurerà? Mah…
Ha il cuore che batte fortissimo. Mi immagino che debba aver avuto una gran fifa.
Francesco avvisa Abderrazak che scende in macchina sul prato sotto il bosco.
Io tengo sollevato il posteriore di Idefix e ci buttiamo insieme giù per cercare di raggiungere il prato.
Tranquillo Idefix, ce la facciamo.
E ce la facciamo.
Ma penso anche che sia proprio quel momento lì.
Sono mesi che Idefix non ce la fa più e che sta in piedi, incerto, barcollando, solo grazie agli antidolorifici.
E non solo.
Quando arriva la veterinaria dice che ha un bel pelo.
Certo, shampoo a secco e anche il bidè… Già perché quando il posteriore non regge succedono delle cose.

Idefix non c’è più.
Forse non avrebbe gradito essere ricordato come un cane che aveva bisogno di un bidè.
Ma il bidè invece veniva fatto proprio perché lui era oltremodo amato. Amatissimo.
E se non vuoi essere ricordato per il fatto che ci si prendesse cura del tuo corpo allora ti ricordo bello come il sole e buono come il pane. Ti ricordo fifone (neanche questo ti va bene….), terrorizzato dai temporali, con la lingua fuori e il fiatone, sotto l’acqua scrosciante davanti alla porta, sperando di essere salvato da tutta quella paura.
O ancora, se preferisci, quando sei arrivato, che eri uno scataracchio colorato e ispido con quei due fratelli bianchi splendenti e soffici che sembravano figli di principe, e tu eri il figlio per caso. E poi che po’ po’ di cane sei diventato? Grande, enorme, bello, bellissimo, con un pelo soffice e fitto, un enorme pelouche, un gigantesco pelouche buono.
Mi dispiace Idefix. Non so davvero cosa sia giusto. Non so cosa sarebbe giusto.
Mi sembrava che fosse il momento giusto per addormentarsi e smettere di preoccuparsi per quel didietro dolorante che non voleva seguirti con dignità.
E’ stato bellissimo.
Tutto.
Quel corpo di cane.

Il Quarto

Pioggia a dirotto.
Autunno.
9 anni fa.
La Fata Turchina col naso appiccicato alla finestra guarda fuori quel cane acciambellato zuppo d’acqua sotto a un olivo: Quella è vita da cani…
La Treccani (Idefix, Chelgross, Settembre) sono immacolati e asciutti. Loro sono i cani titolari, i cani di diritto, hanno cucce, ciotole e ripari.
Nei giorni precedenti, nei mesi precedenti la Fata Turchina aveva tentato varie magie per dissuadere quel cane dal credere di poter diventare titolare.
Quel cane fa parte di un branco di cani pastore che lavorano con le pecore nel podere appena sotto. Sono cani spelacchiati, pieni di cicatrici, orecchie tagliate, code mozze, aggressivi o meglio difensivi del gregge, con una gerarchia interna che continua a cambiare a suon di morsi. Quello lì fuori deve essere arrivato da poco perché ha ancora le orecchie e la coda. E’ magrissimo, spelacchiato e molto molto diffidente. Deve rivestire il ruolo omega nel branco.
Ma da quel giorno di pioggia la Fata Turchina ha appoggiato la bacchetta magica e non ha più cercato di fare magie per rispedirlo a casa sua. Anzi. Gli ha procurato una ciotola.
Una ciotola tutta per lui.
Per lui, il Quarto.
Il Quarto non ha ancora capito che la sua vita sta cambiando. Si avvicina timidissimo, coda tra le gambe, a distanza di sicurezza per non essere acciuffato.
Ci metterà un po’ a capire che è diventato titolare di una ciotola.
Ci metterà un po’ a decidere di smettere di lavorare. Per molto tempo alla mattina alle 5 va a lavorare come cane pastore per tornare alle 5 di sera.
Poi a un certo punto capisce di essere diventato il Quarto e si trasferisce definitivamente.
Ancora non si fa avvicinare.
Per nove anni rifiuta di accostarsi al cibo se vicino alla ciotola c’è un umano. Deve aver interiorizzato quando era piccolo che accettare cibo da un umano nasconde una grossa fregatura.
Solo recentemente, e lasciando tutti stupiti, decide che la Fata Turchina è un tipo affidabile e accetta bocconi direttamente dalle sue mani.
Da qualche anno ha cominciato a farsi pastrugnare, basta che non gli tocchi il fondoschiena, altrimenti scappa piangendo.
Il Quarto è grosso, grossissimo, è bello, bellissimo. Probabilmente è un vero pastore abruzzese.
Cammina a fatica da tanti anni, gli fanno male le zampe posteriori, il fondoschiena. Forse avrebbe avuto bisogno di integratori quando era in crescita. Ora non funzionano neanche bene sporadici antinfiammatori. Ma se si va a fare una passeggiata e lo si invita a partecipare, viene. Piano, piano, sbuffando, camminando sghimbescio, ma viene.
“Dai Quarto, ti aspettiamo”
Banf banf
“Dai Quartone che ci fa bene una passeggiata”
Banf banf banf
Il Quarto non ce la fa più.
Sabato lo ho invitato espressamente a fare una passeggiata, in genere non insisto, a volte fa finta di non capire oppure proprio mi ignora.
Sabato è venuto.
Ha fatto una fatica enorme a sollevare il posteriore e ha camminato piano, tutto per traverso.
L’ultima passeggiata del Quarto.
E’ caduto, si è infangato, si è spossato nello sforzo di liberarsi.
Si è spaventato.
Lo abbiamo portato all’ospedale.
Il Quarto è stanco.
Le macchine dei veterinari dicono che dentro al Quarto ci sono tante malattie.
E’ difficilissimo credere che non ci sia più niente da fare. Si combatte con l’immaginazione, si accolgono impressioni altrui che generano speranze.
Sono finite anche le speranze.
Il Quarto se ne è andato stamattina.
Lo ho grattato e accarezzato più forte che ho potuto.
Lo abbiamo amato in molti, il Quarto.

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Quarto con Settembre e Idefix che giocano
Dai Quartone, forza
Dai Quartone, forza
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il Quarto e la tacchinella

strumenti

Gli strumenti del potatore sono forbici guanti e filo

e il baracchino per ascoltare “il dottor djembé”

E questi sono i supervisori