Il Quarto

Pioggia a dirotto.
Autunno.
9 anni fa.
La Fata Turchina col naso appiccicato alla finestra guarda fuori quel cane acciambellato zuppo d’acqua sotto a un olivo: Quella è vita da cani…
La Treccani (Idefix, Chelgross, Settembre) sono immacolati e asciutti. Loro sono i cani titolari, i cani di diritto, hanno cucce, ciotole e ripari.
Nei giorni precedenti, nei mesi precedenti la Fata Turchina aveva tentato varie magie per dissuadere quel cane dal credere di poter diventare titolare.
Quel cane fa parte di un branco di cani pastore che lavorano con le pecore nel podere appena sotto. Sono cani spelacchiati, pieni di cicatrici, orecchie tagliate, code mozze, aggressivi o meglio difensivi del gregge, con una gerarchia interna che continua a cambiare a suon di morsi. Quello lì fuori deve essere arrivato da poco perché ha ancora le orecchie e la coda. E’ magrissimo, spelacchiato e molto molto diffidente. Deve rivestire il ruolo omega nel branco.
Ma da quel giorno di pioggia la Fata Turchina ha appoggiato la bacchetta magica e non ha più cercato di fare magie per rispedirlo a casa sua. Anzi. Gli ha procurato una ciotola.
Una ciotola tutta per lui.
Per lui, il Quarto.
Il Quarto non ha ancora capito che la sua vita sta cambiando. Si avvicina timidissimo, coda tra le gambe, a distanza di sicurezza per non essere acciuffato.
Ci metterà un po’ a capire che è diventato titolare di una ciotola.
Ci metterà un po’ a decidere di smettere di lavorare. Per molto tempo alla mattina alle 5 va a lavorare come cane pastore per tornare alle 5 di sera.
Poi a un certo punto capisce di essere diventato il Quarto e si trasferisce definitivamente.
Ancora non si fa avvicinare.
Per nove anni rifiuta di accostarsi al cibo se vicino alla ciotola c’è un umano. Deve aver interiorizzato quando era piccolo che accettare cibo da un umano nasconde una grossa fregatura.
Solo recentemente, e lasciando tutti stupiti, decide che la Fata Turchina è un tipo affidabile e accetta bocconi direttamente dalle sue mani.
Da qualche anno ha cominciato a farsi pastrugnare, basta che non gli tocchi il fondoschiena, altrimenti scappa piangendo.
Il Quarto è grosso, grossissimo, è bello, bellissimo. Probabilmente è un vero pastore abruzzese.
Cammina a fatica da tanti anni, gli fanno male le zampe posteriori, il fondoschiena. Forse avrebbe avuto bisogno di integratori quando era in crescita. Ora non funzionano neanche bene sporadici antinfiammatori. Ma se si va a fare una passeggiata e lo si invita a partecipare, viene. Piano, piano, sbuffando, camminando sghimbescio, ma viene.
“Dai Quarto, ti aspettiamo”
Banf banf
“Dai Quartone che ci fa bene una passeggiata”
Banf banf banf
Il Quarto non ce la fa più.
Sabato lo ho invitato espressamente a fare una passeggiata, in genere non insisto, a volte fa finta di non capire oppure proprio mi ignora.
Sabato è venuto.
Ha fatto una fatica enorme a sollevare il posteriore e ha camminato piano, tutto per traverso.
L’ultima passeggiata del Quarto.
E’ caduto, si è infangato, si è spossato nello sforzo di liberarsi.
Si è spaventato.
Lo abbiamo portato all’ospedale.
Il Quarto è stanco.
Le macchine dei veterinari dicono che dentro al Quarto ci sono tante malattie.
E’ difficilissimo credere che non ci sia più niente da fare. Si combatte con l’immaginazione, si accolgono impressioni altrui che generano speranze.
Sono finite anche le speranze.
Il Quarto se ne è andato stamattina.
Lo ho grattato e accarezzato più forte che ho potuto.
Lo abbiamo amato in molti, il Quarto.

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Quarto con Settembre e Idefix che giocano
Dai Quartone, forza
Dai Quartone, forza
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il Quarto e la tacchinella

Una bellissima ragazza

È il mio primo ricordo. Il mio, proprio mio, primo ricordo che ricordo.
È un giorno speciale. Un giorno strano. Il primo giorno di una nuova vita. Il primo giorno di scuola, tanti tanti anni fa. Non so cosa succederà da adesso in poi ma ho sicuramente aspettative molto positive.
E invece questa bambina singhiozza disperata con la testa fra le braccia sul banco: voglio la mia mamma, voglio la mia mamma. È un pianto che turba, inconsolabile. In piedi di fianco a lei, minuscolo come tutti noi minuscoli, suo fratello la accarezza per placarla. Non so cosa le dica. Il mio ricordo finisce qui.
Non sapevo allora che mi sarei legata così profondamente e per tutto questo tempo con quella bambina.
Che in realtà ha un bellissimo sorriso e ricci neri pazzi e gli occhi azzurri profondi.
Si è sempre agita come un maschiaccio. Penso che credesse di essere il fratello del suo fratello gemello.
Magra come un chiodo con le costole in evidenza. Faceva uno strano gioco con le mani, intrecciandole e guardandole fissa. Forse era un esercizio di concentrazione. Non mi sono accorta di quando ha perso questa abitudine. Forse al liceo ce l’aveva ancora, non so. Adesso invece tamburella incessantemente con il piede. Ha sempre una gamba in movimento come una perenne impazienza.
L’ho vista trasformarsi e diventare donna e forse guardando lei vedevo anche me stessa. Il suo emergere è stato conturbante e prezioso. Ho visto un corpo conosciuto che assumeva una forma inattesa e sconosciuta. È stato molto emozionante.
E dopo 42 anni passati amandola è ancora qui di fianco a me, anzi sono io che sono qui al suo fianco, a Modena ad ascoltare filosofi rivelatori per me, ripetitivi e noti per lei.
Ogni tanto mi rivolge uno sguardo severo, anzi spesso. Uno sguardo d’impazienza di quelli che si rivolgono a bambini che scocciano con considerazioni banali. Ma io me ne infischio. Il mio amore nei suoi confronti non ne viene assolutamente scalfito, resta una delle poche ineluttabili certezze.
E se la terrei per mano sempre e l’abbraccerei e lei mi lascia fare restando assente, non me ne curo perché la sento come una parte di me, anche quando resta un riccio chiuso nell’indifferenza.
Amo i suoi ricci, interni ed esterni, il suo modo di muoversi, incerto e a scatti impazienti, amo anche lo sguardo severo che mi regala, amo ciò che so prevedere e anche la previsione che lei mi sa sorprendere.
Insomma ho la fortuna di stare ancora accanto a questa bellissima ragazza.
Credo di possedere una sorte davvero speciale.