Quindi, Idefix…

Riordinare le idee.
Bisognerebbe riordinare le idee. Ma non ci riesco molto bene.
Quello che vedo è quella testa ciondolante fuori dalla carriola e la lingua che penzola. E mi dico: è solo il corpo di un cane, è solo il corpo del mio cane.
Il mio cane, il nostro cane, Idefix, ha passato la notte nel bosco. L’ho cercato ieri sera, ho urlato il suo nome in tutte le direzioni.
Niente.
E allora mi sono organizzata meglio. Auto e pila e motore spento e togliere il cappellino perché il vento soffia forte e non posso rischiare di non sentire.
IIIIIIIIIIIDEEEEEFIIIIIIX
IIIIIIIIIIIIIIIDEEEEEEEFIIIIIIIIIIIX
E vado su e vado giù e guido piano nel vigneto e vado nel prato delle api e salgo fino al cancello della signorina.
E quando mi sembra per un attimo di sentirlo, tendo l’orecchio, è lui. Vado nella direzione in cui credo di sentire il suo abbaiare e non sento più nulla. E torno al punto di partenza e urlo di nuovo e forse lo sento, forse è quella pisquana della cagnina.
Judalee no, Judalee ha seguito il pick up correndo in ogni direzione, ma quando mi raggiunge ha un fiatone così rumoroso che tra lui e il vento non sento nulla.
E allora Judalee ottiene quello che desidera. Salire sul cassone del pick up, almeno non c’è quel rumore di respiro di cane agitato.
Tendo le orecchie. E’ lui? Sono i cani del pastore? Ma dove diavolo….

Stamattina con la luce Abderrazak rifà tutto il percorso e va anche più lontano.
Ma sono 3 anni o più che Idefix ha dolore alle zampe dietro, quanto lontano potrebbe essere andato? Dove cavolo è?
Mi rimetto a urlare
IIIIIIIIIDEEEEEEFIIIIIIIIIX sbraito lungo la strada
Squilla il cellulare, è Francesco: il tuo cane è nel bosco, 50 metri sotto di te, lo sento, sto lavorando qui di fronte, sta abbaiando da questa mattina presto.
Mi raggiunge, generoso, sta lavorando, ha poco tempo ma si butta giù nel bosco con me.
Io strillo strillo ma non sento nulla. Lui dice: non abbaia perché ti sente.
Benedico tutte le piantine che mi stanno reggendo mentre scendo a precipizio.
E’ quiiiiii
E’ vivo…? Chiedo
E’ vivo.
Ma come cavolo ci è arrivato? Ma cosa cavolo stava cercando? Macchecavolo gli è venuto in mente di buttarsi nel bosco?
Comunque è vivo. Nel bel mezzo del bosco. E’ seduto sulla schiena, la parte posteriore è tutta sotto di lui, inutilizzabile. E’ sceso nel bosco trascinandosi tutta la parte posteriore. Dietro di lui c’è un solco che parte dalla strada che sta un bel po’ sopra.
Maccheccavolo….
Gli dico le cose più carine del mondo perché sono felicissima di averlo trovato, lo accarezzo, lo rassicuro, si rassicurerà? Mah…
Ha il cuore che batte fortissimo. Mi immagino che debba aver avuto una gran fifa.
Francesco avvisa Abderrazak che scende in macchina sul prato sotto il bosco.
Io tengo sollevato il posteriore di Idefix e ci buttiamo insieme giù per cercare di raggiungere il prato.
Tranquillo Idefix, ce la facciamo.
E ce la facciamo.
Ma penso anche che sia proprio quel momento lì.
Sono mesi che Idefix non ce la fa più e che sta in piedi, incerto, barcollando, solo grazie agli antidolorifici.
E non solo.
Quando arriva la veterinaria dice che ha un bel pelo.
Certo, shampoo a secco e anche il bidè… Già perché quando il posteriore non regge succedono delle cose.

Idefix non c’è più.
Forse non avrebbe gradito essere ricordato come un cane che aveva bisogno di un bidè.
Ma il bidè invece veniva fatto proprio perché lui era oltremodo amato. Amatissimo.
E se non vuoi essere ricordato per il fatto che ci si prendesse cura del tuo corpo allora ti ricordo bello come il sole e buono come il pane. Ti ricordo fifone (neanche questo ti va bene….), terrorizzato dai temporali, con la lingua fuori e il fiatone, sotto l’acqua scrosciante davanti alla porta, sperando di essere salvato da tutta quella paura.
O ancora, se preferisci, quando sei arrivato, che eri uno scataracchio colorato e ispido con quei due fratelli bianchi splendenti e soffici che sembravano figli di principe, e tu eri il figlio per caso. E poi che po’ po’ di cane sei diventato? Grande, enorme, bello, bellissimo, con un pelo soffice e fitto, un enorme pelouche, un gigantesco pelouche buono.
Mi dispiace Idefix. Non so davvero cosa sia giusto. Non so cosa sarebbe giusto.
Mi sembrava che fosse il momento giusto per addormentarsi e smettere di preoccuparsi per quel didietro dolorante che non voleva seguirti con dignità.
E’ stato bellissimo.
Tutto.
Quel corpo di cane.

Nnaggiammè

Fino a un minuto prima il sentiero c’era e quando mi sono accorta che non c’era più, non c’era più davvero. E allora ho guardato dove calava il sole e ho deciso quale doveva essere la mia direzione. E ho immaginato di vedere percorsi che non c’erano e sono andata avanti. E ho pensato a quella ragazza, delle tre che ho incontrato quando ancora c’era la strada che mi ha chiesto: ma dove vai di qui? E io ho detto: giro a destra e vado avanti finché non trovo la strada principale. E lei mi ha detto: non puoi. E io che sono una vera fifona le ho chiesto: perché? Perché è brutta la strada o perché è pericolosa? E lei ha detto: perché ci sono i sassi. E io da vera sbruffona le ho riposto: ahhhh… Ma figurati! Queste ruote sono favolose. Quando mi sono girata ho sentito il loro sguardo perplesso sul mio collo per un po’. Sassi… Pfui….

In effetti i sassi non sono stati un problema, anche perché la bici l’ho spinta a mano. Il problema era il bush tutto attorno in cui io insistevo a credere che, sì… di qui qualcuno è passato… Probabilmente delle capre….

Le ruote sono sane ma quando alla fine ho trovato una cosa che sembrava un sentiero, ho dovuto togliere rami e foglie dai raggi e la catena era giù. Chevvuoichessia…

Vuochessia che non stava su e così me la sono fatta tutta a piedi.

Nnaggiammè

Fifa vera

Sono stata lì con il naso per aria a guardare le foglie delle palme che si muovevano e a chiedermi se fosse solo il vento o qualche animale. Era il vento. E allora mi sono mossa verso la piscina. Ho girato l’angolo e da una finestra ho visto due manine che si sporgevano a strizzare uno straccio in un secchio. Ho salutato la ragazza delle pulizie e ho fatto un passo in avanti guardando indietro e non ho visto il gradino. Ho barcollato e sussultato e nello stesso momento un serpentello verde smeraldo forse caduto da un ramo sopra di me, forse solo in transito ha visto la mia massa vacillante e se l’è data a gambe tutto di traverso e quasi non toccando terra dalla paura. E comunque non era un mamba verde

Probabilmente sta raccontando ai suoi di come ha scampato per un soffio di essere schiacciato da una montagna di carne bianchiccia che incombeva traballante su di lui

Il destino in una pentola

Ero nell’orto, mi era venuta voglia di piantare due piantine di cavolo che sono nella serra da troppo tempo. Ero lì bella tranquilla che cantavo: Famm’e sta’ bbuona e numm’e fa’ pensa’ a tutt’e quelle cos che la vita numm’e da’…” e ho sentito profumo di caffé. Ho pensato: …ma guarda te come si sente bene il profumo di caffé. Si vede che Abderrazak se ne sta preparando uno. E poi mi è apparsa l’immagine della pentola che avevo lasciato sul fuoco con la pasta dei cani, prima di aiutare Abderrazak a catturare tre galli, prima di raccogliere le noci, prima di andare nella serra a bagnare le piantine, prima di considerare quanti boccioli abbia già la mimosa del Natalino, prima di dare uno sguardo alle piantine di cavoli e decidere che anche se pioviggina avrei potuto piantarne qualcuna, prima di aver piantato 6 piantine di cavoli, prima di aver corso in mezzo all’orto con gli stivaloni sperando di non trovare la cucina in un mare di fumo…. prima….
Ma tanto quella pentola aveva già mille storie di carbonizzazione…
Si vede che è il suo karma

Io e me

Ti ho cercata. Giravo lo sguardo intorno, ero sicura di trovarti.
Non sapevo che non avrei percorso questo sentiero per così tanto tempo. Non sapevo che lo avrei percorso oggi, ora.

Provo uno struggimento profondo.

Ti cerco in ogni sasso, nel tronco di un albero. Ma come avresti potuto immaginare, come avresti potuto immaginare che avresti dovuto prestare attenzione al sentiero, ai sassi, agli alberi, alle scorciatoie in salita, in modo che io ti potessi trovare? Sei passata di qui, forse felice di essere qui, forse senza badare a nulla, pensando ad altro, perché questo qui è un qui scontato, normale, familiare. E così so che ci sei, ma le tue tracce sono poco visibili. So che ci sei.
E quando ti incontro mi sembri ancora più bella. Ti vedo distintamente nel mio ricordo e sei bella, piena di energia. Sei stupita. Non capisci chi sono. Non capisci perché ti conosco. Non capisci questo amore grande che provo per te che hai vent’anni e che non sai.
E provo a raccontarti.
E so che non sono chi immaginavi saresti stata. Lo so. Lo so.
Ma sono quella.
E ti racconto cosa sceglierai, a volte seguendo passioni, a volte per non ferire, a volte senza ascoltare la tua voce, a volte (spesso) sbagliando.
Non oso parlarti dei sensi di colpa. Sei già abbastanza stupita così.
Cerco di convincerti che non è come immagini, anche se tu sei così convinta che sarà diverso da come ti racconto. Sei invincibile e potente, perché dovresti credere a qualcosa che non coincide coi tuoi progetti?

No, niente figli. Ma forse sei nella fase in cui sei convinta che non potrebbe essere altrimenti. Niente figli.
Cerco di parlarti con entusiasmo, cerco di rompere la tua diffidenza. Sei dura. Sei di coccio. Ma ti amo tantissimo così come sei.
E ti amo tantissimo anche così come sono, ma questo proprio non lo riesci a capire ora.
Non importa.
Se tu sapessi quanto sono felice di averti incontrata.
Adesso torno indietro e ti lascio in pace. Passerà lo stupore. Farai la tua vita.
Dimenticherai tutto. Che fortuna.
Io sono così felice che tu fossi lì.
Torno dalla Fata Turchina, dalle api, da un mondo in cui le regole non sono le tue. Quelle regole che vorresti eludere ma che strutturano la tua vita.
Grazie di essere stata lì.

Ci rivedremo?