Oggi va così

Yesterday…
E oggi invece sembra che niente giri per il verso giusto.
Ieri non c’era problema per il cancello.
Oggi il messaggio è “nonsipuòvivereconquelcancello”
Ieri quella carne sembrava una grandissima ed ottima soluzione.
Oggi quella carne puzza.

E sono solo le 9:30 di mattina.

Yesterday
All my troubles seemed so far away

Vado alla ricerca di una nuova canzone
Non si sa mai…

Assurdo

Non so se mi dimenticherò, ma chi lo sa? Magari dimenticherò.
E non voglio dimenticare questa cosa assurda.
Questa cosa che non avrebbe dovuto succedere perché non c’erano ragioni perché succedesse.
Perché dovrebbe esistere un tasto “rewind” perché questa cosa non doveva succedere.
Non ricordo quando è ripartito il contatto. Dopo millemila anni. Forse ho semplicemente ascoltato una telefonata in viva voce del Natalino. Uno “Zio Boia” che mi ha fatto pensare ad un linguaggio di amicizia consueta. Non ricordo come e perché ho avuto il numero. Era il settesettembreduemiladiciannove. Ho scritto per fare gli auguri alla sua mamma che compiva 90 anni.
Mi ha mandato tantissime foto della festa, tantissima gente che non conoscevo affatto. Ho cercato di capire chi fosse suo fratello. Lui era inconfondibile.
L’avevo incrociato tanti tantissimi anni fa in via Monte Rosa. L’ho fermato e ha avuto gli occhi strabuzzati per tutto il tempo. Credo si chiedesse chicacchiofossi.
Ma poi i novant’anni. Le tantissime foto.
Il Natalino con il suo vestito chiaro e la cravatta. Bellissimo.
Tutti gli altri sconosciuti.
E poi ogni tanto uno stato su uozzàpp. All’inizio circospetta, poi divertita.
Meno di un anno dopo, altre foto.
La sua mamma era morta all’improvviso. Di nuovo una festa per celebrarla, per ricordarla, per brindarla, per cantarla e per festeggiare col nostro vino.
“OTTIMO” mi ha scritto sotto a una foto del galletto.
“Ho visto Edo, adesso dobbiamo vederci noi”
Volentieri, ho risposto. Molto volentieri.
Una contrazione nello stomaco.
Ma no. Non doveva proprio succedere
Dieci giorni sono passati dall’ultima volta che ho sentito la sua voce. Dieci giorni in cui tutto è andato male. Tutto è andato male. Tutto è andato come non avrebbe dovuto.
Assurdo.
Assolutamente assurdo.
Il Natalino che si incrina in un altro pezzettino.
Mi manca un mucchio questa promessa insoluta.
Non voglio che sia successo.
E’ assurdo.

Contraddizioni (e porcavacca)

Sud. In partenza, ritorno a casa. Ho il serbatoio vuoto.

“Bancomat e carte di credito non funzionante”. Mannaggia. Ci sono tre distributori di carburante uno in fila all’altro. Vado al secondo. Infilo la carta. “Carta non accettata”. Mannaggia. Ne infilo un’altra. “Carta non accettata”. Eh, ma allora… Chiedo all’omino nell’ufficio. Mi dice di chiedere al tipo che c’è fuori. Mi dice di spostare la macchina dal self al servito. Sì, ma cambia l’importo! È così.

Risalgo in macchina e vado dal terzo. Mannaggia mannaggia. Ma non sono quella che deve imparare a gestire la propria hybris? Sono all’inizio dell’apprendimento. Una principiante seriale. Infilo la carta, sempre alla pompa del self service. “Carta non accettata”. Eh, maporcavacca, ma come faccio a fare rifornimento in questo paese, porcavacca. L’omino di questo distributore è il terzo della fila ed è gentile. Faccia rifornimento e venga dentro a pagare. Eseguo. Tengo a freno la hybris, mannaggiaalei, e gli chiedo come mai ci sono tutti questi problemi a pagare con la carta al self. “Perché costa. Io con questa transazione non ci guadagno nulla”. Lui è gentile e io sarò gentile. Maporcavacca ma come fanno nelle altre regioni? Vi fanno pagare di più il carburante? Vi chiedono una commissione maggiore per la transazione delle carte? Non lo chiedo, non me la sento di iniziare nessuna discussione. Dentro ribollo. Sento la distanza. Sento una distanza snob e infastidita. Questo è anche il posto in cui una giornata lavorativa di otto ore in campagna viene retribuita 35 euro, significa poco più di 4 ore all’ora nette. Per non parlare delle giornate registrate e di quelle pagate in nero per avere la disoccupazione. È una storia che ho già sentito. Prendere o lasciare. Questa è la zona nella quale esistono i caporali (pestelicolga) che in una situazione che è già assurda contribuiscono a renderla peggiore. Ma questa è anche la zona nella quale la generosità e l’accoglienza sono attitudini diffuse e spontanee. Il proprio tempo, la propria disponibilità, il proprio cibo, la propria casa vengono offerti con una naturalezza sconosciuta in altre regioni. Sono terribilmente a disagio. Mi chiedo cosa ci vuole a combinare questo straordinario modo di accogliere l’ospite e il rispetto delle regole. Cosa ci vuole? Perché no? Che differenza c’è fra un ospite e se stessi? Se si riesce ad essere corretti con un ospite, perché non esserlo con un vicino di casa? Il controllo della hybris è una conquista lontana. Al momento cerco di non formulare pensieri. Perché mi verrebbero molto male.

PS: caso mai si propagasse la peste fra i caporali in Puglia, venitemi pure a prendere. Ne risponderò

Nnaggiammè

Fino a un minuto prima il sentiero c’era e quando mi sono accorta che non c’era più, non c’era più davvero. E allora ho guardato dove calava il sole e ho deciso quale doveva essere la mia direzione. E ho immaginato di vedere percorsi che non c’erano e sono andata avanti. E ho pensato a quella ragazza, delle tre che ho incontrato quando ancora c’era la strada che mi ha chiesto: ma dove vai di qui? E io ho detto: giro a destra e vado avanti finché non trovo la strada principale. E lei mi ha detto: non puoi. E io che sono una vera fifona le ho chiesto: perché? Perché è brutta la strada o perché è pericolosa? E lei ha detto: perché ci sono i sassi. E io da vera sbruffona le ho riposto: ahhhh… Ma figurati! Queste ruote sono favolose. Quando mi sono girata ho sentito il loro sguardo perplesso sul mio collo per un po’. Sassi… Pfui….

In effetti i sassi non sono stati un problema, anche perché la bici l’ho spinta a mano. Il problema era il bush tutto attorno in cui io insistevo a credere che, sì… di qui qualcuno è passato… Probabilmente delle capre….

Le ruote sono sane ma quando alla fine ho trovato una cosa che sembrava un sentiero, ho dovuto togliere rami e foglie dai raggi e la catena era giù. Chevvuoichessia…

Vuochessia che non stava su e così me la sono fatta tutta a piedi.

Nnaggiammè

Fifa vera

Sono stata lì con il naso per aria a guardare le foglie delle palme che si muovevano e a chiedermi se fosse solo il vento o qualche animale. Era il vento. E allora mi sono mossa verso la piscina. Ho girato l’angolo e da una finestra ho visto due manine che si sporgevano a strizzare uno straccio in un secchio. Ho salutato la ragazza delle pulizie e ho fatto un passo in avanti guardando indietro e non ho visto il gradino. Ho barcollato e sussultato e nello stesso momento un serpentello verde smeraldo forse caduto da un ramo sopra di me, forse solo in transito ha visto la mia massa vacillante e se l’è data a gambe tutto di traverso e quasi non toccando terra dalla paura. E comunque non era un mamba verde

Probabilmente sta raccontando ai suoi di come ha scampato per un soffio di essere schiacciato da una montagna di carne bianchiccia che incombeva traballante su di lui