Questa mattina ho fatto la prima lezione di swahili. Ero impacciatissima. Sentivo il cervello che si impegnava come un matto per ricordare quanto mi veniva detto e ripetuto. E’ tutto così diverso e senza (apparenti) collegamenti con niente di conosciuto.
Come ti chiami si dice: unaitwa nani? e nani è “come”. Nessuna assonanza. Il cervello è un foglio bianco senza riferimenti.
Immagino che debba essere così anche per il buthanese ed il cinese…
Il maestro (mwalimu) è un ragazzo giovane e sorridente, Josphat, e si basa per le lezioni sul libro di prima elementare dei bambini keniani.
All’andata in bicicletta ho pedalato decisa perché non avevo idea di quanto tempo ci avrei messo. Sono arrivata in anticipo e di fronte alla scuola che si affaccia sulla strada principale di Timboni c’erano dei vitelli che ogni tanto decidevano di attraversare la strada, per poi decidere di tornare sui loro passi. Gli automobilisti sembravano considerare del tutto normale la cosa.
Al ritorno invece me la sono presa comoda. Lungo il percorso mi sono vista all’improvviso un gregge di capre che si sparpagliava trotterellando nella mia direzione.
Le pance di quelle incinte sono delle botti schiacciate orizzontali, sembra che abbiano inghiottito un tavolino.