Ci sono un marocchino, un’albanese e un maliano….

Ci sono un marocchino, un’albanese e un maliano….

Ci sono un marocchino, un albanese e un maliano seduti alla nostra tavola che mangiano la pastasciutta buonissima che ha preparato Messaouda.
A capotavola, sottosopra per un potente raffreddore, c’è la Fata Turchina.
Ci siamo anche io e Messaouda per altro.
Siamo in pausa pranzo.
E’ iniziata finalmente la raccolta delle olive, decisamente più tardi di quanto avremmo voluto, ma la pioggia, l’uva, i tempi della campagna, le quarte figlie che nascono così tra l’uva e le olive e le altre figlie che hanno bisogno del babbo mentre la mamma partorisce e la festa della castagna e… io volevo, te lo giuro… e le cavallette…
Insomma finalmente è iniziata.
E quest’anno oltre ad Abderrazak e a Shaban, c’è Salikou giovane giovanissimo maliano che ha appena ottenuto l’asilo come rifugiato e il permesso di soggiorno.
Noi siamo il suo primo lavoro in Italia. E non so perché ma la cosa mi fa piacere. Non ce n’è ragione, ma mi sento in dovere di fargli una buona impressione del suo primo lavoro in Italia.
Certo la raccolta delle olive non è forse l’attività più gratificante, ma è quello che facciamo e quello che possiamo offrire a questo giovanotto sorridente e gentile.
Il marocchino, l’albanese e il maliano hanno anche qualcosa d’altro che condividono oltre a una pastasciutta e la raccolta delle olive.
Tutti e tre hanno fatto un viaggio per mare. Un viaggio perché per ragioni diverse tutti e tre non potevano più sperare di avere una vita dignitosa nel posto in cui abitavano.
Il marocchino aveva una giovanissima e bellissima moglie ed era già padre della prima bambina della serie (a lui piace fare figlie femmine e farne tante tantissime. Sua moglie è un po’ che dice: ok, ma adesso basta. Ma dopo un po’ partorisce una bambina bellissima, come lei, e poi dice: ok, ma adesso basta…). Lì dov’era, coi suoi baffoni, giovanissimo a fare il plombier non riusciva a garantire una vita alla sua famiglie e così le ha sistemate con la sua mamma ed è partito all’avventura, clandestino sul gommone ed è arrivato in Spagna e poi in Francia e in Italia, ha lavorato nelle vigne, ha fatto il pastore, il muratore, tutto quello che poteva. Ed è vissuto sottotono, comportandosi benissimo per non dare nell’occhio, per non essere notato, per non essere rispedito a casa e dover ricominciare daccapo. Ha avuto cattivi consiglieri che hanno approfittato della sua situazione di necessità e della sua fiducia. Dopo sette anni di questa vita, senza aver mai visto nel frattempo né la moglie né la sua bambina, ha incontrato la Fata Turchina che ha detto: sei un bravo ragazzo, vorresti lavorare per noi? E siccome non era possibile fare magie, la Fata Turchina ha percorso con determinazione e senza mai scoraggiarsi l’intricato percorso per dotarlo di un suo proprio e vero permesso di soggiorno. E così quel ragazzo marocchino ha potuto finalmente rivedere e portare con sé in Italia la sua famiglia. E sono dieci anni che lavora, molto stimato, per la Fata Turchina.
L’albanese ha preso tanti barconi e ha dovuto dimostrare di essere più furbo dei lestofanti che facevano finta di arrivare in Italia e invece lo volevano risbarcare in Albania e di quelli che facevano finta di non poter rispettare i patti sugli approdi. Lui è calmo, sorridente, me lo vedo sul gommone che senza alzare la voce esige di essere condotto dove era stato pattuito ed alle condizioni pattuite. Ma questo è successo tanti anni fa. Sono tanti anni che lavora in Italia. E’ un eccellente potatore ed in generale un uomo molto affidabile.
Il maliano è giovanissimo, ma era ancora più giovanissimo quattro o cinque anni fa quando una bomba gli ha ucciso la famiglia e lui ha cominciato a camminare e ha camminato per anni fino ad arrivare in Libia dove si è imbarcato in una di quelle bagnarole che spessissimo vediamo in televisione, dopo aver visto e vissuto cose che non ci possiamo neanche immaginare. E’ proprio uno di quelli che ci sembrano tutti uguali e che ci sembrano tanti. Ma invece è una creatura in carne ed ossa, con la sua storia, che fa paura conoscere. Nessuno, nessuno può essere considerato uno dei tanti.
Oggi a tavola l’italiano era la lingua franca, declinata e giocata con moltissime e personalissime sfumature, ma si è dimostrata un mezzo affidabile per comunicare, scambiarsi istruzioni sul lavoro e anche per ridere un po’.
Domattina un marocchino, un albanese e un maliano saranno alla loro seconda giornata di lavoro insieme.
Questi destini, trasportati da barche, che si incontrano per un attimo nel regno della Fata Turchina mi fanno un effetto che non so dire. Li interrogherei per ore.
Ma per fortuna non lo faccio.
E le cose sembrano andare piuttosto bene.

PS: giusto per chiarezza, per essere la Fata Turchina non è necessario portare un vestitino azzurro e il cappello a punta, si può anche avere pochi capelli e scegliere di portare barba e baffi. Basta saper fare le magie giuste al momento giusto…

PS2: anche Messaouda è marocchina, ma lei è arrivata con l’aereo. Ed è tutta un’altra storia…

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