Le ho sempre amate, le ho sempre desiderate. Mi ha sempre affascinato la magia dell’uovo, buono, nutriente, simbolico, unità di misura del perfetto, del bello, di ciò che deve nascere, inatteso e sperato.
Ma soprattutto loro. Belle, intelligenti colorate. E curiose, pazze, spregiudicate, anche aggressive, oggetto di desideri, pronte a cambiare direzione.
Sono bellissime quando covano: immobili, sguardo fisso. Certe volte devo togliere delle uova, quelle fresche e lasciare solo quelle che voglio far covare. Allora le sollevo. Mentre avvicino le mani si risvegliano dalla cova, si gonfiano tutte e cominciano a strillare. In genere si limitano alla minaccia, ma ce ne sono alcune veramente decise e veloci come saette che mi pizzicano col becco le mani. E fanno molto male. Così devo mettere dei guantoni protettivi prima di sollevarle. Alcune riconoscono la mia figura e cominciano a strillare quando sono a metri di distanza. Garantisco che inquietano.
Sono creature generose. Ma sono soprattutto desiderabili. Le desiderano i galli, le volpi, le faine, gli umani. Io stessa le ho a modo mio desiderate a lungo. Le galline sono una compagnia allegra e dinamica.
Guardandole mi sembra evidente la loro ascendenza fossile. Soprattutto quando corrono, appena viene aperto il pollaio o se mi avvicino con del cibo, si capisce che sono dinosauri. Secondo il mio personalissimo parere i dinosauri erano delle galline giganti e un giorno si scoprirà che avevano piume e penne. E noi ringrazieremo il cielo di essere nati in un periodo in cui le galline al massimo sono alte cinquanta centimetri e non dieci metri.